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SINODO 2002

Si stima che in Italia vivano 160.000 evangelici provenienti da altri continenti

MULTICULTURALITA' E IMMIGRAZIONE

Chi proviene dalle chiese sorelle dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina spesso non si trova a proprio agio nelle nostre chiese. Una sfida per il presente e il futuro di tutte le comunità

di Elisabetta Ribet

Pur essendo stati presentati in Sinodo come tema di importanza prioritaria, due argomenti che stanno facendo parte della nostra realtà di chiese da anni non hanno purtroppo avuto spazio sufficiente per essere affrontati in modo approfondito ed efficace. Si parla della questione della multiculturalità nelle nostre chiese e della questione di rifugiati e migranti approdati in Italia che si rivolgono alle realtà evangeliche italiane per un sostegno, un appoggio. Il tema è ormai noto; gli spazi di riflessione, almeno in teoria, esistono e fungono, cosa importantissima, da ponte per le chiese valdesi e metodiste non solo verso le altre realtà evangeliche italiane (attraverso il Servizio rifugiati e migranti e il programma "Essere chiesa insieme" della FCEI, per esempio) ma anche verso le altre chiese del pianeta, in particolare quelle del Sud del mondo e della Cevaa-Comunità di chiese in missione.
Manca molto. La commissione ad referendum "Essere chiesa insieme", nella sua relazione al Sinodo, mette in evidenza alcuni punti deboli di questo cammino per certo difficile ma sicuramente necessario: la stima del Srm della Federazione parla di circa 160.000 persone evangeliche provenienti da altri continenti, il cui numero è in crescita. Ci si chiede giustamente se non sarebbe l'ora di interrogarsi in modo organico e cercare di concretizzare "il senso della nostra missione in questo paese", anche e soprattutto guardando al futuro sempre più multietnico che ci sta davanti. Una denuncia: "Mentre la nostra scelta è parsa quasi scontata per le poche centinaia di protestanti comunitari e nordamericani presenti in Italia, non lo è ancora per le migliaia di "extracomunitari" provenienti dalle chiese sorelle di Africa, Asia ed America Latina".

Non è questione di fare convegni e conferenze, aggiunge la commissione, quanto piuttosto di tentare di dare alle chiese locali delle coordinate su come affrontare una simile questione, resa ovviamente più difficile e spinosa da sospetti, paure e tentennamenti in molti casi piuttosto comprensibili. Questa situazione è profondamente contraddittoria, per moltissimi motivi. Primo fra tutti, il fatto che dovrebbe far parte della natura stessa di una comunità di credenti il sentirsi chiamata a essere luogo di incontro, confronto e accoglienza: la comunità locale può diventare il primo passo che aiuta a rompere da entrambe le parti il muro del "ghetto" dell'immigrazione.
Il tempo è poco, il Sinodo lavora, soffre e medita. Alcuni risultati ci sono: un importante atto di denuncia dei rischi che comporta la legge Bossi-Fini sull'immigrazione, il sostegno ai due passi importanti: la casa di accoglienza di Intra e il progetto missionario a più voci a Mezzano Inferiore (Parma); l'approvazione dell'animazione proposta dal gruppo sulla pastorale multiculturale del II distretto. Un'esortazione alle chiese affinché non abbiano paura di affrontare l'argomento, anche chiedendo supporto alle strutture già esistenti, in ambito Bmv e Fcei.
Concludendo un'osservazione a margine, una semplice occhiata alla cartina di tornasole: l'uso del termine "straniero" come quasi-sinonimo di "persona del Sud del mondo", come per evidenziarne la lontananza, l'estraneità al nostro mondo, alla nostra cultura. Certo un'espressione usata, come altre, "per comodità", ma sintomatica di una distanza e di una difficoltà a relazionarsi all'argomento tutt'altro che superata. L'ennesimo indizio del fatto che è importante che sul tema si rifletta insieme in quanto chiese, che l'iniziativa non sia lasciata alla libera interpretazione e al coraggio di chi osa buttarsi o semplicemente ha gli strumenti per farlo.

(tratto da Riforma, del 13 settembre 2002)

 
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