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SINODO 2003

Inquietudini e insoddisfazione nel dibattiro sui rapporti con lo Stato italiano

LA LIBERTA' RELIGIOSA IN ITALIA

Molti i temi dibattuti: le Intese e la legge sulla libertà religiosa, l'informazione religiosa nel nostro paese, viarie questioni giuridico-fiscali, la legge sugli oratori della Regione Piemonte

di Italo Pons

interno del tempio (foto Riforma)Può accadere che nell'ambito di un indagine di un centro di studi sul fenomeno religioso si venga intervistati sulla caratteristiche della chiesa che si rappresenta. Ma quando si è annoverati tra i "nuovi movimenti religiosi" (con otto secoli di storia alle spalle) a fatica si riesce a trattenere l'ilarità. Così come in un piccolo paese dell'Italia centrale, dove siamo presenti almeno da cento anni, in quanto pastore vieni ascoltato, per un indagine di routine, sul numero dei membri della locale comunità evangelica. Alle legittime obiezioni, presentate a tali richieste, in virtù di una legge delle Intese, il comandante della Stazione dei carabinieri osserva che le informazioni, a suo giudizio del tutto innocenti, fanno parte del tradizionale aggiornamento delle informazioni richieste dagli uffici competenti.
L'eco di questi due esempi ha trovato riscontro nel dibattito sinodale quando si è ricordato il cambiamento di paradigma nel rapporto tra Stato e religione per passare tra Stato e vita delle chiese andando a puntare sul "contenuto" delle singole comunità. La nostra preoccupazione è rivolta a coloro, e non sono pochi, che dalle Intese non sono ancora tutelati. Come rileva la Tavola nella sua relazione: "Abbiamo infatti sempre affermato di considerare la presenza nostra e delle altre chiese evangeliche nella società e nello Stato italiano anche come strumento di difesa dei permanenti principi di libertà nel mutare delle strutture giuridiche e riteniamo quindi di dover mobilitare a fronte del concreto pericolo di una svolta liberale".

Negli anni del fascismo le competenze, in ordine religioso, passarono dal Ministero di Grazia e Giustizia alla competenza della Direzione generale culti del ministero degli Interni connaturando il fatto religioso come un fatto di polizia e non di libertà. "Non si tratta di libertà degli evangelici ma di libertà dei cittadini italiani: la prima libertà, quella di coscienza e, con essa la libertà, religiosa", ha ribadito Domenico Maselli.
Cinque intese attendono di essere firmate: buddisti, Testimoni di Geova, induisti, Soka Gakkai, Apostolici di Grosseto. Quelle con avventisti e Tavola valdese sono da aggiornare. Maselli ha ricordato con preoccupazione come nel dibattito qualche parlamentare abbia parlato persino di tutela della "libertà della maggioranza". Ma non tutti potranno avere un Intesa, perché troppo piccoli, ed è quindi necessaria una legge sulla libertà religiosa. Il testo ora in discussione è profondamente snaturato rispetto al disegno iniziale. Un tentativo, se di questo si tratta, di rispondere in ossequio al desiderio di sicurezza a fronte delle crescenti preoccupazioni in ordine alle prassi etnico-religiose, poco rispettose della dignità della persona, con il rischio, altrettanto rilevante, di compromettere gravemente le fondamentali libertà.

Sul piano dell'informazione religiosa la creazione di un dipartimento Rai-Vaticano in prosecuzione di Rai-Giubileo, per la Commissione d'esame rappresenta uno "spregio al pluralismo più volte richiamato dal Presidente della Repubblica". La ristrutturazione dell'azienda televisiva, la ricerca di un futuro lavorativo per i dipendenti impegnati nei passati e futuri avvenimenti mediatici di oltre Tevere, sono tra le possibili ragioni. Il vicepresidente della FCEI, David Cavanagh, ha puntualizzato, a fronte di diverse voci preoccupate per il futuro della rubrica Protestantesimo, che non sarà inglobata in questo contenitore ma rimane, con Sorgente di Vita, a Raidue.
Un terzo capitolo ha riguardato gli aspetti giuridici-fiscali delle opere facenti capo al nostro ordinamento e le sue implicazioni in quello dello Stato, tema non nuovo nel dibattito sinodale ma che, alla luce delle recenti vicende legate alla crisi attraversata dagli ospedali, implica una riflessione aggiornata. Si potrebbe dire che non sempre quello che per il nostro ordinamento è preciso, e assai ben definito, debba corrispondere altrettanto logicamente per i parametri dello Stato. Nel caso della "dotazione", ossia il patrimonio del quale un'opera è provvista per le sue finalità, mentre sul piano interno, l'ente ecclesiastico ha la piena capacità giuridica e la propria autonomia, non è del tutto così per i fini esterni e in ultima analisi l'ente esponenziale (Tavola, CP/-OPCEMI, CSD) resta coinvolto in atti amministrativi. Detto in altri termini: il controllo degli enti ecclesiastici, demandato dalle Intese alla Tavola, pur rappresentando un privilegio (nel senso che esclude ogni ingerenza da parte dello Stato sugli atti amministrativi) potrebbe rivelarsi un rischio. Infatti un mancato e adeguato controllo sugli enti, da parte dell'ente esponenziale, può ingenerare, in ultima analisi, un tipo di responsabilità che la Tavola avrebbe nei confronti di terzi.

In questo ambito va ancora segnalata la questione fiscale. Si può rilevare la necessità di una iscrizione di alcuni nostri enti al registro delle personalità giuridiche, alla luce di recenti disposizioni in materia; tale iscrizione, pur non cambiando nulla sul piano delle nostre responsabilità, corrisponde a un "generale interesse di trasparenza nei rapporti economici-sociali", come scrive la Tavola. Tale linea è stata fatta propria dall'atto approvato.
Sempre in questo dossier va ancora segnalato la recente legge regionale del Piemonte per la valorizzazione di attività aggreganti degli oratori, legge che si può applicare alle confessioni diverse da quella cattolica, purché munite d'intesa con lo Stato, fatto salvo che tali attività non siano rivolte esclusivamente a persone aderenti alla propria confessione religiosa. Nella sua relazione la Commissione d'esame ha puntualizzato alcune questioni, che a suo giudizio restano aperte nell'accedere ai finanziamenti pubblici per finalità a carattere sociale ed ecclesiastico. Le forme di ripartizione, l'uso e le finalità che si potrà fare di questo denaro; il rischio, che nell'accedervi si possa essere equiparati alla chiesa cattolica. Guai se non avessimo più la costante capacità critica di porre queste domande. Ma è anche vero che i nostri centri ospitano da anni, nella loro attività, giovani appartenenti ad altre confessioni religiose o non credenti. Essi rimangono veri e propri laboratori di confronto e di crescita civile. La delega al privato di funzioni che ieri erano competenza del pubblico offre probabilmente delle opportunità inimmaginabili solo qualche decennio addietro. Saggezza, intelligenza, senso critico ci potranno permettere di fare qualcosa che come sempre non è mai definitivo ma temporaneo.

(tratto da Riforma, del 12 settembre 2003)

 
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