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SINODO 2003

PAWEL GAJEWSKI: IL CAMMINO DEL VIANDANTE

pawelAppartengo a quella categoria di evangelici definiti, spesso e volentieri, "convertiti". Personalmente mi identifico senza riserve con questo termine, tuttavia vorrei problematizzare un po' la definizione stessa. La sua accezione più comune è legata al cambio di appartenenza da una chiesa all'altra. Fin qui la mia storia personale potrebbe rientrare in una simile visione della conversione. Un giovane militante del dissenso politico polacco che decide di entrare in seminario per studiare teologia; arrivato a Roma per continuare gli studi, si lega abbastanza presto ai movimenti di dissenso cattolico, prima in Germania e successivamente in Italia; uscito dalla Chiesa cattolica, trova amicizia e accoglienza nelle chiese battiste per diventare infine pastore di due antiche comunità valdesi delle Valli. È un cambiamento continuo con una sola coordinata: l'adesione consapevole alla fede evangelica.
L'altro significato del termine "conversione" si riferisce a un momento preciso in cui il soggetto sperimenta, nella totalità del suo essere, l'azione rigeneratrice della Grazia. In questo caso non saprei indicare né l'ora né la data di un simile evento, potrei solo affermare, con la timidezza di chi non ama alcuna forma di esibizionismo spirituale e religioso, che ho sperimentato più volte questa azione di Dio nella mia vita.

Poiché ritengo che queste due diffuse interpretazioni di conversione non siano sufficienti a spiegare i motivi per i quali ho dichiarato alla Tavola valdese la volontà di consacrarmi al ministero pastorale, vorrei usare altre categorie, tratte da altre fonti. Nella Bibbia ebraica il termine principale usato per descrivere la conversione è il verbo shuv. Il suo significato allude a un cammino, durante il quale il viandante cambia completamente la direzione di marcia, ritorna indietro. Nell'economia di un viaggio che inizia in un determinato punto e deve terminare in un altro, questo movimento è un vero controsenso. Io credo invece che nell'economia della salvezza, in cui il punto centrale è Gesù Cristo, lo stesso ieri oggi e nei secoli (Ebrei 13, 8), per andare avanti bisogna più di una volta ritornare a Colui che è la fonte di ogni esistenza e il centro della storia.
In questo mio Pilgrim's Progress, per citare la classica opera di John Bunyan, c'erano e ci sono tuttora anche altri punti di riferimento, altre costanti. La prima di queste è la teologia. È uno studio e una passione personale che durano da oltre diciotto anni, senza rilevanti interruzioni. Ovviamente in questo campo ho dovuto più di una volta rivedere il mio modo di pensare e di fare teologia, proprio alla lettera del verbo greco metanoeo, tradotto in italiano con "convenirsi", il cui significato esprime però un cambiamento del modo di conoscere e di ragionare. Anche in questo caso vedo una coordinata fondamentale: la Bibbia, che ha sempre ispirato le mie ricerche. Un evento decisivo, divenuto con il tempo una forma di riferimento costante, è stata invece la scoperta della teologia di Calvino, la quale nei primissimi anni dell'impegno pastorale ha trasformato la mia "esistenza teologica", dandomi anche energie e stimoli mai sperimentati prima. La mia richiesta di poter lavorare nelle chiese delle valli valdesi è indubbiamente una delle conseguenze di questa scoperta.

(tratto da Riforma, del 25 luglio 2003)

 
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