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SINODO 2004

LA CHIESA RACCOLTA ATTORNO AI SUOI MINISTRI

Quello che avviene con il culto di apertura non è un semplice gesto rituale ma il segnale che i rappresentanti delle comunità vivono appieno la solidarietà con gli operai del Signore

ALESSANDRA TROTTA: LA BENEDIZIONE DELLA FEDE VISSUTA

alessandra«L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio mio Salvatore». Le bellissime parole del Magnificat hanno attraversato il mio cuore in modo quasi incessante nei giorni che hanno preceduto la mia consacrazione al ministero diaconale, avvenuta il 18 giugno scorso, all’apertura della Conferenza del 4º distretto delle chiese valdesi e metodiste. Quando fra i doni ricevuti per l’occasione ho trovato la versione musicata da Bach ho pensato che il canto che mi sembrava di avere tenuto dentro di me doveva avere trovato una via misteriosa per farsi sentire!
Le persone che incontro nelle lunghe giornate di impegno al Centro diaconale mi dicono spesso di apprezzare il mio sorriso, che non si spegne neppure in mezzo alle peggiori difficoltà. Fra i tanti difetti che mi riconosco non credo, sinceramente, che vi sia la vanità. Se ripeto queste parole è solo perché mi sembra che colgano nel segno: è così che mi sento e mi sento così perché sono grata al Signore che «mi ha fatto grandi cose» e perché sono consapevole che nulla dipende dalle mie forze limitate e dalle mia capacità parzialissime: le ansie e le preoccupazioni si dissolvono quando ci si sente nelle amorevoli mani del Signore, che è entrato più prepotentemente e imprevedibilmente che mai nella mia vita alla fine del 2000, sconvolgendo del tutto un percorso che sembrava definiti vamente tracciato (ero avvocato) e avviandomi verso un impegno di servizio totale nella diaconia della chiesa.
Questo cammino mi sta arricchendo di incontri e di esperienze di intensità unica, in cui ci si confronta, anche drammaticamente, con debolezze e fragilità (innanzitutto le proprie), pienamente immersi nelle contraddizioni di un’umanità che geme e forti solo della promessa di Gesù che ha detto «Io ho vinto il mondo». Alla luce di questa Parola si può veramente affrontare con coraggio ogni ingiustizia e male, guardandoli nella loro relatività e finitezza, come qualcosa dal destino inevitabilmente segnato e che quindi ha già cessato di avere potere su di noi. Considero dunque una straordinaria benedizione la possibilità che mi è stata concessa di sperimentare la pienezza di una fede vissuta sia nella fondamentale dimensione comunitaria (all’interno di chiese locali che amo moltissimo), sia nella dimensione diaconale.

Non posso fare a meno di pensare alla reazione offesa, quasi violenta che una delle più care sorelle metodiste ebbe alla notizia che avrei assunto, in qualità di diacona in prova, la direzione del Centro diaconale «La Noce». Si tratta di una sorella del cui affetto sincero non potevo dubitare e le domandai dunque subito conto e ragione di quella contrarietà: «Ecco – mi rispose – ti abbiamo persa, adesso in chiesa non ti vedremo più!». Oggi ricordando quei momenti ne ridiamo insieme, perché non solo in chiesa hanno continuato a vedermi (anche troppo!), ma il mio impegno nella comunità si è felicemente arricchito in ambiti ai quali non avrei mai pensato prima, ad esempio come monitrice della nostra «colorata» scuola domenicale.
Quell’episodio mi è però rimasto impresso nella memoria in quanto emblematico del senso di distacco e di «estraneità» che molti membri di chiesa, anche fra i più impegnati, avvertono nei confronti degli istituti diaconali. Una contraddizione in termini, per chi crede profondamente nella diaconia come espressione della stessa testimonianza della chiesa. Cancellare quel senso di distacco è stato sin dall’inizio uno dei miei principali obiettivi. Ho sognato da subito un centro aperto: aperto al difficilissimo quartiere (Noce appunto) di Palermo all’interno del quale costituisce una sorprendente oasi che non deve mai trasformarsi in «fortezza», e vissuto dai fratelli e dalle sorelle della chiese palermitane come uno strumento comune per «cercare il bene della città», un luogo in cui ci si sente «a casa». Questo sogno intendo continuare a coltivarlo con pazienza, invocando l’aiuto del Signore e il sostegno di tutti i fratelli e le sorelle con i quali il Signore mi darà la gioia di condividere la speranza del suo Regno, a Palermo come in qualsiasi altra parte del paese in cui sarò chiamata a servire.

(tratto da Riforma, del 30 luglio 2004)

 
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