I CRISTIANI SIANO UNITI AD ARGINE DEI CONFLITTI
La questione ecumenica
di Federica Tourn
«Non bisogna mettere l’accento su quello che ci divide, ma considerare l’innegabile cammino fatto insieme». Con queste parole mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, la Conferenza episcopale italiana, ha salutato il Sinodo, ringraziando per l’invito e affermando di essersi sentito «spiritualmente toccato per l’intensità del confronto» dei deputati sulle questioni cruciali della vita della chiesa. «Ovviamente – ha proseguito mons. Paglia – non vanno sottovalutate le divisioni che ancora esistono, né dobbiamo essere ciechi di fronte ai problemi teologici, storici, culturali, pastorali e psicologici ancora presenti. È certo però che il progresso compiuto in questi ultimi quarant’anni ha ancora molte potenzialità da sviluppare».
Per esempio, ha chiarito mons. Paglia, deve essere ancora compresa la portata storica della firma congiunta del documento sulla Giustificazione per fede firmata da cattolici e luterani ad Augusta nel 1999, così come sarebbe necessario dare maggiore impulso all’attuazione della Charta œcumenica sottoscritta a Strasburgo nel 2001. «È il momento di stimolarci a prendere nuove iniziative comuni – ha esortato – penso alla giornata per la difesa del creato, o all’impegno per la diffusione della Bibbia».
Rimangono aperti i temi brucianti, come la questione dell’ospitalità eucaristica, affrontata nella recente enciclica Ecclesia de Eucaristhia: «La divisione eucaristica genera sofferenza – ha spiegato il pastore Fulvio Ferrario, docente alla Facoltà valdese di teologia, durante una conferenza stampa svoltasi a margine dei lavori sinodali – e credo che debba essere pre-sa sul serio dalle chiese, senza banalizzarla, perché è un problema molto sentito soprattutto dalle coppie interconfessionali».
A proposito degli impegni comuni, Ferrario ha sottolineato poi come l’accoglienza agli immigrati sia una questione su cui le chiese cristiane sono chiamate oggi a dire una parola chiara e forte. Mons. Vincenzo Paglia si è detto senz’altro d’accordo: «Questi fratelli, che arrivano nel nostro paese spesso in condizioni disperate, non devono essere solo accolti ma aiutati nella fede, dialogando se necessario anche direttamente con le chiese di origine». E ha aggiunto: «La divisione fra i cristiani non è solo un problema di ordine teologico, ma una responsabilità di fronte ai conflitti etnici. Pensiamo ai Balcani: è più difficile che scoppino guerre se rimaniamo uniti». «Anche se il dibattito ecumenico in questo momento non è in primo piano – ha concluso Ferrario – non dobbiamo spaventarci: l’ecumenismo vive a livello di base, ed è questa la cosa fondamentale».
(tratto da Riforma, del 10 settembre 2004) |