IL SENSO FONDANTE DEL NOSTRO "ESSERE CHIESA INSIEME"
L’incontro con le sorelle e i fratelli immigrati in Italia, una rilessione costitutiva
di Susy De Angelis
Non era previsto un ordine del giorno che parlasse del progetto comune detto «Essere chiesa insieme», ma non era possibile farne a meno, era assolutamente necessario perché non si trattava di discutere di un particolare della chiesa ma della sua stessa vocazione. Riflettere su essere chiesa insieme significa riflettere non su un particolare ma su qualcosa di costitutivo per la chiesa tutta. Questo è il primo punto emerso con evidenza dal dibattito sinodale su questo argomento.
L’incontro con fratelli e sorelle immigrati nel nostro paese e presenti nelle nostre chiese ci chiama a riflettere su come è costituita la chiesa, sui suoi progetti, sulla sua missione, sulla sua capacità ancora di sperare, credere e amare. Molte voci sono intervenute durante il dibattito che si è dilungato mediante racconti di esperienze personali, di esperienze comunitarie, attraverso commenti teologici e riflessioni politiche. Sottolineiamo che a tutti e tutte i presenti erano ben chiare le difficoltà che si incontrano se vogliamo essere chiesa insieme a tutti gli effetti: difficoltà sorte per le differenze culturali, spirituali, teologiche, ecclesiologiche e così di seguito, ma è apparso con altrettanta evidenza che oggi questa è una sfida prioritaria per la testimonianza evangelica delle nostre chiese: non si può tornare indietro, ne andrebbe dell’autenticità della nostra predicazione. Un pastore ha detto: «La vocazione della chiesa è l’accoglienza e là dove ciò non avviene la chiesa ha bisogno di una nuova conversione». Per questo motivo alcuni interventi si sono indirizzati a far sì che le chiese prendano coscienza della necessità di acquisire sempre meglio un linguaggio di ascolto che porti a una pari dignità nella chiesa.
Eppure la diversità fa paura. Soprattutto là dove le chiesa hanno scelto il percorso dell’unica comunità con attività in comune ai fratelli e alle sorelle giunti da lontano. La paura nasce dal doversi mettere in discussione, dal non poter più dare per scontata la nostra tradizione e il senso della nostra presenza: vengono a dirci che ciò che abbiamo sempre fatto può cambiare! Su questo il dibattito sinodale, pur con sfumature diverse si è indirizzato verso la necessaria mutua contaminazione perché così avverrà nella società. È inevitabile che in questo tipo di processi storici ci sia paura e voglia di contaminarsi reciprocamente per modificare la propria identità. Diversi interventi hanno ricordato il difficile momento politico che con una legge ritenuta ingiusta viola i diritti umani di quanti giungono nel nostro paese. Il problema che abbiamo presente è anche un problema che riguarda la nostra predicazione della giustizia e del regno di Dio che viene. Accogliere i fratelli e le sorelle immigrati vuol dire anche lottare per una legge giusta che rispetti i diritti della persona.
Il Sinodo si è espresso al riguardo attraverso due ordini del giorno. Il primo più generale in cui si ringrazia il Signore per l’opportunità di crescita spirituale che le nostre chiese ricevono in seguito all’incontro con varie realtà tanto diverse e viene chiesto a ogni istanza di porre l’attenzione sul processo «Essere chiesa insieme» in ogni suo punto: dall’accoglienza, alla visibilità delle nostre chiese, dai rapporti con le chiese d’origine all’attenzione politica per una legislazione più giusta. Il secondo ordine del giorno riguarda la legge sull’immigrazione denominata Bossi-Fini. In questo atto il Sinodo lamenta «le gravi carenze dell’attuale legislazione italiana sull’immigrazione per quel che riguarda in particolare il rispetto e la garanzia dei diritti umani […] e deplora la costituzione e il mantenimento dei Centri di permanenza temporanea, dove il funzionamento e il rispetto dei diritti umani non è garantito da precise norme, e ne chiede l’abolizione e la sostituzione con forme di trattenimento alternative che siano rispettose di tali diritti».
(tratto da Riforma, del 10 settembre 2004) |