A dieci anni dall’accettazione ci si interroga sui criteri di assegnazione dei fondi
L'OTTO PER MILLE E LE NOSTRE COSCIENZE
La commissione Otto per mille ha posto all’attenzione del Sinodo alcuni interrogativi fondamentali per raggiungere una maggiore coerenza nella gestione dei fondi pubblici
di Davide Rosso
Sono più di 200 i progetti presentati quest’anno all’ufficio dell’Otto per mille (Opm) della Tavola valdese, mentre superano i 5 milioni e 200.000 euro i fondi Opm arrivati dallo Stato. Cifre importanti che sono destinate probabilmente a crescere, anche se non a tempi brevi, visto che nel corso di quest'anno si è potuta avviare la procedura di modifica dell’Intesa sul punto riguardante il metodo di attribuzione dell’Opm. Se la procedura si completasse entro il 2005 l’Opm del 2008 verrebbe percepito «secondo la nuova misura», cioè con l’attribuzione proporzionale della quota Irpef relativa ai contribuenti che non abbiano espresso preferenze circa la destinazione.
Qualche nodo da sciogliere si è manifestato. La commissione otto per mille ha invitato a riflettere sui criteri di assegnazione dei fondi adottati finora e sulla realtà che si è venuta a creare in questi 10 anni di Opm. Quello che veniva proposto era una riflessione generale che desse delle indicazioni di conferma o di eventuale modifica di linea. Rispettata la suddivisione 30% della cifra annuale per progetti all’estero e 70% in Italia la commissione si chiedeva se i fondi destinati in Italia per progetti nel sociale debbano avere o meno una priorità su quelli nell’assistenziale e cultura o se l’ordine di intervento debba essere un altro o non ci debba essere proprio. Per avere più chiara la questione ricordiamo che le statistiche dicono che attualmente alla cultura vengono destinati il 31,87% dei fondi Opm, al sociale il 24,18 e alle costruzioni-ristrutturazioni il 13,19%.
Un altra questione che la commissione poneva era quella relativa alla fame nel mondo e alle nuove povertà. «Il nostro Opm deve semplicemente rispondere ai progetti che gli vengono ogni anno sottoposti oppure deve anche prendere l’iniziativa di sollecitare progetti consoni con le finalità che esso intende perseguire?». E poi un’ultima questione veniva girata al Sinodo e riguardava le richieste di finanziamento da parte di enti ospedalieri: «ha senso che il nostro piccolo Opm contribuisca a finanziare enti ospedalieri i cui bilanci sono così sproporzionatamente maggiori di quello dell’Opm?». Domande impegnative a cui il Sinodo dopo un ampio dibattito a risposto con un lungo e articolato atto in cui vengono avanzate alcune risposte.
La linea che è parsa prevalere è stata comunque quella di richiedere «la coerenza con quanto è già stato deciso negli anni passati». Non è mancato chi, dopo aver chiesto di escludere le categorizzazioni radicali, ha proposto nel decennale (cioè l’anno che verrà) un riesame della materia Opm, «proprio per chiarire alcune questioni che si sono venute sviluppando con il tempo». Insomma quello avviato in Sinodo è sembrato un buon momento di dibattito su una materia complessa come può essere quella dell’Opm ma anche un porre le basi per una riflessione più ampia su questi dieci anni di gestione dei fondi.
(tratto da Riforma del 9 settembre 2005) |