La Facoltà valdese di teologia si adegua al nuovo sistema universitario europeo
RISTRUTTURATO IL CORSO DI LAUREA
di Claudio Pasquet
In Italia è ancora poco conosciuto, ma si chiama «progetto Bologna». Si tratta di un sistema di insegnamento universitario strutturato in modo che gli studenti europei possano trascorrere parte del loro periodo di studi in un paese straniero, senza che il tempo speso in questa esperienza risulti inutile, ma possa essere riconosciuto dall’Università d’origine. Nel nostro paese sembra fantascienza, perché spesso è impossibile farsi riconoscere esami fatti in una università italiana in un’altra. L’Europa però cammina spedita in questa direzione e la nostra Facoltà valdese di teologia ha deciso di adeguarsi a questa velocità.
Infatti si sta incamminando su un sistema che prevede sostanzialmente la trasformazione dei corsi in questa direzione: a) Un corso triennale, con frequenza obbligatoria, e con una valutazione di 180 crediti, per conseguire la laurea in teologia; b) Un corso biennale, con frequenza obbligatoria e con una valutazione di 120 crediti, che segue il triennio, per conseguire la laurea specialistica. c) Laurea in scienze bibliche e teologiche, basata su corsi a distanza, della durata minima di 3 anni.
Per diventare pastori saranno richieste la laurea in teologia e la laurea specialistica, ma non basta; da sempre gli aspiranti pastori sono obbligati a spendere uno dei loro anni di studio, in una facoltà teologica straniera. Questo principio non è stato messo in questione: per una chiesa piccola come la nostra i contatti internazionali sono vitali, sia per la crescita e la maturazione dello studente, sia per lo scambio di esperienze che servono a far crescere la chiesa tutta. Ma, in Sinodo, si è discusso a lungo se questo anno all’estero possa essere fatto entro i cinque anni, o debba necessariamente diventare un sesto anno. Scelta non facile, anche perché gli stessi professori della Facoltà avevano su questo tema pareri nettamente contrastanti.
Impossibile riportare tutti gli elementi del dibattito: alcuni temono che il sesto anno, più quasi due anni di prova, renda la preparazione pastorale un corso troppo lungo; altri invece sottolineano che proprio l’anno all’estero potrebbe essere un utile strumento di approfondimento teologico proprio all’interno del corso di studi. Il voto finale ha dato ragione a questi ultimi: quasi due terzi dell’assemblea sinodale hanno optato per la possibilità che l’anno all’estero si possa fare nei cinque anni, anche se non si esclude che alcuni studenti possano decidere di spostarlo a dopo il conseguimento della laurea specialistica.
Questo argomento, e quello dell’elezione del nuovo professore di Storia, Lothar Vogel hanno occupato parte della discussione. Ma non vogliamo dimenticare gli altri molteplici aspetti dell’impegno didattico della Facoltà, ai quali sono stati fatti alcuni veloci accenni. Innanzi tutto l’importante lavoro dei corsi di teologia a distanza che permettono a molti italiani di approfondire lo studio della teologia evangelica. Poi l’allargamento dei campi di interesse e di studio: si terrà un corso sull’Islam perché i futuri pastori conoscano quella che ormai è la seconda religione in Italia, sono già stati presi contatti anche con le chiese e le Facoltà del cosiddetto «sud del mondo» (Africa e America Latina), si cercherà di potenziare i corsi di diritto ecclesiastico e musica sacra. Inoltre la Facoltà continuerà a tenere una rubrica informativa su Riforma per far conoscere alle chiese quali siano le nuove idee e la sua vita ordinaria. Vita che è culturalmente vivace e sempre in rinnovamento.
Tratto da Riforma dell'8 settembre 2006 |