La decisione, a larga maggioranza, è avvenuta dopo un lungo e intenso dibattito
SI' ALLE QUOTE NON ESPRESSE DELL'8 PER MILLE
di Giovanni Anziani
Un dibattito sulle quote non espresse dellotto per mille era atteso
da tutti. Alcune settimane orsono il moderatore, past. Gianni Genre, in
una intervista al nostro settimanale, si augurava un buon dibattito su
questo tema in quanto le chiese locali avevano ampiamente discusso durante
lanno inviando allapposita commissione i propri pareri. Il
dibattito ha occupato un intero pomeriggio sinodale con interventi franchi,
fraterni, significativi e senza animosità. Ritengo che tre siano
state le questioni affrontate nel dibattito o che dal dibattito siano
scaturite.
Innanzitutto il rapporti tra le decisioni delle chiese locali e il Sinodo.
Alle chiese era stato chiesto di rispondere al quesito: siamo daccordo
nel chiedere allo stato di accedere alla ripartizione delle quote non
espresse? Su 145 chiese, 94 hanno risposto in modo netto: 80 si sono pronunciate
per il sì alle accettazione delle quote non espresse, 7 erano per
il no, 7 hanno chiesto un rinvio. Alcuni deputati si sono chiesti quale
significato dare al dibattito sinodale se una maggioranza più che
qualificante di chiese si era già espressa. Si trattava di comprendere
che rapporto vi debba essere tra la volontà delle chiese e la volontà
del Sinodo. Certamente i deputati al Sinodo non sono "delegati"
delle chiese con un mandato chiuso, eppure occorre riflettere bene prima
di sconfessare la volontà delle chiese con una delibera sinodale.
Se ciò avvenisse potrebbe sorgere la domanda: qual è lanima
della chiesa? Che significato dare alle risposte delle chiese locali?
Su questa questione bisognerà ritornare, non tanto per chiarire
giuridicamente il rapporto chiese-Sinodo, ma per vivere tale rapporto
nella consapevolezza che "la chiesa locale è la riunione di
coloro che, in una data località, sono chiamati a vivere la loro
fede in un medesimo corpo secondo lordine delle discipline valdesi".
(Disciplina valdese, art. 17)
In secondo luogo vi è stata la questione della identità
evangelica forse minacciata, come qualcuno ha detto, se il Sinodo avesse
deciso di chiedere lutilizzo del denaro delle quote non espresse.
La chiesa si sostiene da sola, senza ingerenze statali e senza chiedere
privilegi.
Accedere a queste quote, e quindi modificare i limiti della decisione
sinodale del 1991, per alcuni deputati costituisce un profonda incrinatura
della vocazione evangelica della chiesa. Per altri deputati non vi è
in gioco la confessione della fede, perché la questione si pone
sul piano delletica e della politica. Occorre porsi sul piano concreto
di una chiesa che oggi gestisce 2.000 dipendenti, ha degli ospedali e
case di riposo, centri di formazione e foresterie con il potere di assumere
e di licenziare. La situazione nella quale siamo è quella del simul
iustus ac peccator, chiamati a essere responsabili nellutilizzo
di questi fondi senza esaltazione e senza paure, ma convinti di doversi
impegnare affinché una grande quantità di persone, in Italia
e nel mondo, possano trovare cure e libertà. Come ha detto nel
suo intervento il moderatore, accedere alle quote non espresse dellotto
per mille non provocherà alcun delirio di onnipotenza, ma permetterà
di dare maggior risposta ai progetti di lotta contro la fame nel mondo.
Una terza questione si è presentata, e non per la prima volta,
nel dibattito sinodale: la diaconia della nostra chiesa e la testimonianza
nel nostro paese attraverso la predicazione. "Troppa diaconia con
grosse somme di denaro da investire, poche e deboli chiese con una predicazione
fragile".
Ritorna così il dibattito tra diaconia e predicazione, sempre più
vissuto in modo conflittuale: "Le nostre opere sono troppo grandi
e troppo onerose per le nostre chiese". Sempre più avremo
bisogno di denaro, privato o pubblico, per gestire le opere, mentre la
predicazione dellEvangelo e la testimonianza a Gesù Cristo
restano a margine, senza progettualità e senza investimenti. Unesasperazione
di un problema reale? Credo di sì, ma nello stesso tempo il Sinodo
non ha dimenticato, nel dibattito, questa tensione e non ha sottovalutato
le conseguenze del problema così impostato. Eppure credo che sia
un falso problema affrontare la questione in termini o di equilibrio o
di alternativa tra diaconia e predicazione. La questione è riscoprire,
oggi, la nostra vocazione di evangelici, metodisti e valdesi, nel nostro
paese, per compiere quelle scelte sia di fede, sia di prassi, utili a
realizzare con grande responsabilità tale vocazione.
Il Sinodo ha accolto la proposta di accedere alle quote
non espresse dellotto per mille e ha incaricato la Tavola di
iniziare le trattative con il governo attraverso la prassi dellIntesa.
Non solo, dopo un ulteriore acceso dibattito, ha anche deciso che, quando
saranno gestite dalla Tavola anche le quote non espresse, la quota
da inviare a progetti di solidarietà allestero dovrà
salire dal 30% al 50% del totale (quote espresse più quelle non
espresse). Dopo queste decisioni le sorelle e i fratelli delle nostre
chiese saranno preoccupati oppure saranno più sereni per il nostro
futuro? Credo che il Sinodo si sia assunto la responsabilità di
affrontare questioni grandi affinché molti progetti diaconali,
in Italia e nel mondo possano dare risposte concrete a chi cerca libertà
e pace.
(tratto da Riforma, del 14 settembre 2001) |